Was Banfield right? New insights from a nationwide laboratory experiment

Aassve A., Conzo P., Mattioli F., 2021 – Journal of Regional Science

Banfield, aveva ragione? Questa è una delle questioni più discusse nel dibattito sul capitale sociale da quando è diventato argomento centrale nella letteratura economica degli ultimi sei decenni.

Proprio sin dallo studio pionieristico di Banfield, il divario Nord-Sud nel capitale sociale italiano è stato considerato da studiosi internazionali come un esempio di come la diversità culturale all’interno di un Paese possa portare a diversi risultati in termini di sviluppo e crescita economica, spiegando in gran parte l’arretramento sociale ed economico di alcuni territori.

La maggior parte degli studi condotti sull’argomento ha recentemente tentato di testare il fenomeno, ma in generale sembra soffrire di limitazioni tecniche e metodologiche, in particolare riguardanti la validità esterna dei risultati, potenziali errori di misurazione e variabili omesse dal modello.

In un recente articolo, Was Banfield right? New insights from a nation-wide laboratory experiment, comparso sul Journal of Regional Science, Arnstein Aassve, Pierluigi Conzo e Francesco Mattioli sfruttano un nuovo esperimento di laboratorio per misurare e valutare il capitale sociale in Italia. Esso è basato su dati raccolti all’interno del progetto TRUSTLAB, un’indagine condotta da OECD in più paesi, di cui gli autori hanno curato la raccolta dati per l’Italia.

La principale innovazione di questa analisi è che il campione utilizzato è rappresentativo della popolazione italiana a livello nazionale. Inoltre, gli autori non informano i partecipanti sulle origini geografiche delle loro controparti. Questa caratteristica, semplice ma efficace, del disegno dell’esperimento consente agli autori di valutare il divario nord-sud nel comportamento sociale “universale” (cioè quando, nelle interazioni con l’altro, l’identità della controparte è ignota), rispetto a quello “parrocchiale” (cioè quando si condividono certe caratteristiche con l’altro, come ad esempio la provenienza geografica).

Facciamo un passo indietro: qual è l’argomentazione addotta dalla letteratura esistente?

Secondo i risultati discussi in The Moral Basis of a Backward Society di Banfield nel 1958 e negli studi successive di altri autori, il capitale sociale sembrerebbe essere scarso al Sud, dove le interazioni sociali sono prevalentemente guidate dal soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Ne risultano quindi livelli di fiducia e di cooperazione verso chi non fa parte della famiglia inferiori rispetto al Nord. Questa evidenza è inoltre fortemente correlata con la scarsa performance economica del Mezzogiorno. Poiché all’interno della penisola italiana la religione, la lingua e le istituzioni formali sono condivise e unificate, secondo alcuni studiosi, gli assetti istituzionali sin dal Medioevo hanno influito in modo persistente sulla formazione di due fattori alla base di una cultura della cooperazione e, quindi, della crescita economica: lo spirito imprenditoriale e l’autoefficacia, la consapevolezza, cioè, di essere capace di dominare specifiche attività, situazioni o aspetti del proprio funzionamento psicologico o sociale.

Avvalendosi di una serie di esperimenti sociali, come i giochi incentivati ​​tramite denaro, condotti sia sul campo sia in laboratorio, alcuni studi hanno recentemente confermato l’esistenza di questo divario Nord-Sud nel capitale sociale.

In questo articolo, invece, gli autori rivisitano la questione e conducono un nuovo esperimento di laboratorio rappresentativo a livello nazionale, in  cui sono considerate e confrontate misure sia attitudinali sia comportamentali del capitale sociale nelle cinque macro-aree italiane. Il dataset utilizzato per l’analisi proviene dal progetto TRUSTLAB, avviato nel 2016 dall’OCSE con l’obiettivo di acquisire dati comparabili a livello internazionale e rappresentativi a livello nazionale sulle preferenze sociali attraverso sondaggi e giochi sperimentali online. Per l’Italia, la raccolta dei dati è avvenuta tra ottobre e novembre 2017. Il dataset italiano è integrato da variabili che rilevano i tratti della personalità (i cosiddetti Big Five) dei partecipanti insieme ad altre caratteristiche socio-demografiche ed economiche. Ciò consente di verificare se le differenze di personalità spiegano la variazione geografica del capitale sociale. A differenza dei precedenti esperimenti, gli intervistati di Trustlab non ricevono alcuna informazione sulle origini geografiche degli altri partecipanti.

Lo studio produce tre nuovi risultati.

In primo luogo, il divario tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia emerge solo dal punto di vista della fiducia negli altri, mentre non si riscontrano differenze sistematiche nelle altre dimensioni del capitale sociale. Questi includono l’impegno in attività di volontariato, la cooperazione incondizionata e condizionata nelle interazioni di gruppo, le aspettative circa la fiducia mostrata dagli altri, l’altruismo e l’avversione al rischio.

In secondo luogo, il divario tra Nord e Sud in termini di reciprocità (o fiducia ricambiata) si allarga quando la posta in gioco è alta. I meridionali tendono a ricambiare di meno la fiducia ricevuta rispetto agli abitanti del resto della penisola.

In terzo luogo, tale divario non è giustificato dalla migrazione dal Sud al Nord, o dalle differenze nell’avversione al tradimento e nella forza dei legami familiari. I dati mostrano, invece, che il divario in reciprocità che emerge dai dati è ereditato dai genitori: avere un genitore proveniente dal Sud è associato a una minore reciprocità, ma questo effetto è mitigato dal risiedere al Nord.

Nel complesso, questo articolo fornisce risultati piuttosto diversi da quelli degli studi precedenti, che hanno riscontrato un persistente divario nord-sud nel capitale sociale. Tuttavia, i risultati degli autori basati sulla propensione alla socialità “generalizzata” integrano quelli dei precedenti esperimenti che si concentrano sulla propensione alla socialità “locale”, cioè, dove l’identità di gruppi strettamente definiti è resa saliente. In questo esperimento, gli italiani residenti in macro-aree diverse non sembrano reagire in modo sistematicamente diverso agli stessi incentivi. Semmai mostrano un comportamento diverso solo in una specifica dimensione del capitale sociale, la reciprocità, e solo in circostanze specifiche, cioè quando la strategia non cooperativa diventa più profittevole.

Per concludere: al giorno d’oggi Banfield sembra non aver più totalmente ragione. I risultati suggeriscono che meridionali e settentrionali non differiscono sistematicamente nella loro propensione generalizzata alla socialità. Solo la reciprocità è più alta tra i settentrionali, mentre questi ultimi sono statisticamente simili ai meridionali in molte altre dimensioni, come cooperazione con gli altri, fiducia, altruismo e avversione al rischio. Tale divario deriva dalla minore reciprocità dei meridionali in risposta a grandi trasferimenti di denaro ricevuti dalla controparte, ed è caratterizzato dalla trasmissione intergenerazionale delle norme.

Si possono derivare dunque alcune implicazioni per l’attuazione di politiche pubbliche: qualora si intenda puntare a una maggiore crescita economica agendo su politiche che aumentino il capitale sociale, i policymakers dovrebbero promuovere quelle attività che favoriscono la creazione di identità più ampie rispetto a quelle evocate dall’appartenenza a gruppi ristretti, come ad esempio la provenienza geografica. Inoltre, dovrebbero mirare ad una componente specifica del capitale sociale, vale a dire la reciprocità, affrontando contestualmente altri divari forse più rilevanti, come testimoniato dagli ampi differenziali in capitale umano che, ancora oggi, dividono significativamente le marco-aree del paese. 

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