Smokers are different: The impact of price increases on smoking reduction and downtrading

Crespi F., Liberati P., Paradiso M., Scialà A., Tedeschi S., 2021 – Economic Modelling

Recentemente il Ministro della Salute ha annunciato alcuni provvedimenti in materia di contrasto al tabagismo, con l’obiettivo di ridurre al di sotto del 5% la popolazione dei fumatori entro il 2040, in linea con il piano europeo contro il cancro 2021. I provvedimenti anticipati vanno tutti nella direzione di inasprire le restrizioni introdotte dalla legge 3/2003 (cosiddetta legge Sirchia). Si sceglie pertanto lo strumento dei divieti mentre, per il momento, non si fa riferimento a provvedimenti sul lato della tassazione dei prodotti a base di tabacco, quindi alla possibilità di incidere sulla struttura dei prezzi. Peraltro, va rilevato come nell’ultima legge di bilancio si sia intervenuti anche su questo versante, tuttavia nella direzione di un rallentamento nell’aumento della tassazione rispetto a quanto previsto dalla legislazione previgente.

Nella letteratura scientifica sul contrasto al tabagismo c’è ampio consenso sul fatto che il prezzo sia la principale variabile che influenza i comportamenti dei fumatori. Tuttavia, gli effetti della tassazione dei prodotti a base di tabacco sulla struttura e la dinamica dei prezzi sono controversi. Ciò è legato ad almeno tre fattori: la complessità della struttura della tassazione dei prodotti a base di tabacco; il regime sostanzialmente duopolistico del mercato; l’obiettivo di stabilizzazione del gettito che, insieme a quello sanitario, rimane rilevante per il decisore politico. In generale, per comprendere l’effetto della tassazione sul consumo di tabacco è necessario identificare i meccanismi di traslazione dell’imposta sui prezzi, quindi le modalità di reazione dei fumatori alle variazioni dei prezzi.

In uno studio recente, “Smokers are different: The impact of price increases on smoking reduction and downtrading”, pubblicato su Economic Modelling, Francesco Crespi, Paolo Liberati, Massimo Paradiso, Antonio Scialà e Simone Tedeschi, utilizzando dati raccolti attraverso un’indagine ad hoc sulle abitudini di consumo di un campione rappresentativo di fumatori, analizzano la relazione tra un aumento del prezzo delle sigarette e la riduzione del consumo, mostrando tre risultati principali.

In primo luogo, la riduzione del consumo associata a un aumento del prezzo è tanto maggiore quanto più elevata è l’entità dell’aumento: in media l’elasticità del consumo di sigarette rispetto al prezzo può variare da 0,2 nel caso di un aumento di 10 centesimi a pacchetto, a 0,9 nel caso di un aumento di 50 centesimi a pacchetto.

In secondo luogo, lo studio mostra come categorie differenti di fumatori reagiscono in maniera eterogenea a un aumento del prezzo delle sigarette. Mediante l’impiego di un modello Logit a classi latenti, i fumatori sono suddivisi in cinque gruppi sulla base del loro comportamento: fumatori occasionali (random smokers), fumatori non consapevoli del rischio (risk unconcerned smokers), fumatori consapevoli del rischio (risk concerned smokers), fumatori abituali (stable smokers), grandi fumatori (intensive smokers). L’elasticità del consumo rispetto al prezzo può variare da un valore di 0,07 per i fumatori abituali fino a 2,67 per i fumatori occasionali.

Infine, lo studio mostra come la relazione tra aumento del prezzo e riduzione del consumo possa essere diversa a seconda che l’aumento di prezzo sia uniforme o differenziato rispetto al marchio delle sigarette, alterando così i prezzi relativi tra sigarette di marchi diversi. Nella Figura 1 si osserva che, in media, a un aumento uniforme dei prezzi è associata una maggiore probabilità di riduzione del consumo rispetto a quanto accadrebbe con un aumento non uniforme. Il differenziale tra l’effetto di un aumento uniforme dei prezzi e uno non uniforme sulla probabilità di riduzione del consumo è tanto più grande quanto più elevata è l’entità dell’aumento. Inoltre, i fumatori possono reagire all’aumento dei prezzi anche sostituendo sigarette di marchi più costosi con sigarette meno costose, mantenendo così stabile la spesa complessiva a parità di numero di sigarette consumate. Come mostra la Figura 1, la probabilità che si osservi questo comportamento è maggiore in presenza di un aumento non uniforme dei prezzi, rispetto allo scenario di un aumento uniforme.

Figura 1 – Probabilità media di riduzione del consumo di sigarette e di downtrading per aumenti crescenti del prezzo di una confezione

Tali risultati possono offrire alcune indicazioni utili in termini di interventi sulla tassazione dei prodotti a base di tabacco. Va ricordato che sulle sigarette, oltre all’IVA, grava un’accisa armonizzata a livello europeo. In particolare, l’accisa si articola in due componenti: una componente specifica, commisurata alla quantità acquistata; una componente ad valorem, commisurata al prezzo. In un contesto duopolistico, un maggior peso della componente ad valorem dell’accisa favorisce equilibri con quantità scambiate elevate e prezzi bassi; viceversa, un maggior peso della componente specifica dell’accisa favorisce equilibri caratterizzati da prezzi elevati e basse quantità scambiate. A seconda di come viene manovrata l’accisa, questa può indurre un aumento uniforme dei prezzi rispetto ai principali marchi, oppure un aumento differenziato modificando pertanto il prezzo relativo di alcuni marchi rispetto ad altri.  A questo proposito, una possibile conclusione è che l’accisa specifica abbia maggiore probabilità di promuovere variazioni di prezzo uniformi e, di conseguenza, una maggiore riduzione dei consumi.

Tutto ciò ha evidentemente implicazioni molto diverse sulle politiche sanitarie di riduzione del consumo di tabacco, a seconda del disegno adottato per l’accisa sui tabacchi, che nel caso italiano è ancora significativamente sbilanciato a favore della componente ad valorem.  L’obiettivo di riduzione del consumo di sigarette richiederebbe modifiche dell’attuale struttura dell’accisa tali da aumentare il peso della componente specifica e ridurre quello della componente ad valorem. Inoltre, tali modifiche dovrebbero favorire un aumento dei prezzi uniforme rispetto ai marchi in modo da favorire la riduzione del consumo nonché di comportamenti di downtrading osservati.

Poiché questi risultati rivelano una significativa eterogeneità sia nelle probabilità di risposta individuali sia nelle elasticità stimate della domanda rispetto al prezzo, le politiche fiscali potrebbero essere più efficaci per alcune categorie di fumatori. I dati suggeriscono che la risposta alle variazioni di prezzo e l’elasticità della domanda sono molto più elevate per i giovani fumatori. Pertanto, in una certa misura, l’uso della politica fiscale per indurre una riduzione del fumo sembra essere più efficace sui giovani: un risultato significativo se considerato in relazione agli obiettivi sanitari e alla riduzione del consumo nel lungo periodo. L’ulteriore implicazione è che le politiche fiscali non possono essere le uniche adottate quando l’obiettivo è quello di ridurre i consumi nel lungo periodo. In particolare, le campagne antifumo e le misure di controllo potrebbero essere utilmente associate alle politiche fiscali, soprattutto perché l’eterogeneità delle risposte dei fumatori ai prezzi rende le politiche fiscali non ugualmente efficaci su tutti gli individui.

Vai all’articolo pubblicato