How to design decentralisation to curb secessionist pressures? Top-down vs. bottom-up reforms

Cerniglia F., Longaretti R., Zanardi A., 2021 – Structural Change and Economic Dynamics

Come spiegare le richieste di decentramento differenziato avanzate di recente da alcune regioni italiane?

In un articolo di recente pubblicazione, How to design decentralisation to curb secessionist pressures? Top-down vs. bottom-up reforms su Structural Change and Economic Dynamics, Floriana Cerniglia, Riccarda Longaretti e Alberto Zanardi spiegano attraverso una rappresentazione modellistica quali siano le ragioni che spingono una regione a secedere da uno Stato unitario o federale e come tali pressioni possano essere tenute a freno attraverso una riforma istituzionale che riconosca loro maggiore autonomia. In particolare, gli autori dimostrano che una riforma coerente con uno schema di decentramento differenziato e flessibile, dove le singole regioni possono optare se assumere o meno più estese responsabilità pubbliche in materie specifiche (finanziariamente rilevanti) sulla base di negoziazioni bilaterali con il governo centrale, possa evitare uno scenario di instabilità e di pressioni secessioniste con maggiore probabilità rispetto a uno schema, più usuale, di decentramento rigido calato dall’alto, imposto in modo simmetrico a tutte le regioni con riferimento a pacchetti di funzioni prefissati.

Lo studio propone uno schema teorico che permette di inquadrare e spiegare soluzioni e assetti istituzionali che negli ultimi decenni sempre più frequentemente trovano applicazione in diversi paesi. Forse l’esempio di decentramento differenziato più compiuto è quello spagnolo. Dopo la caduta del franchismo la costituzionale del 1978 ha previsto la possibilità per alcune regioni, le Comunità storiche, di concordare “su richiesta” con il governo centrale di accedere a forme di autonomia rafforzata. Successivamente, altre regioni hanno seguito questo esempio con il risultato di far emergere un assetto complessivo di maggiore uniformità. Questo esito ha però incoraggiato le Comunità storiche a rilanciare, sostenendo richieste ulteriori di maggiore autonomia secondo un percorso che è culminato con la dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalonia nell’ottobre 2017. Ma anche a livello sovranazionale, la Brexit è un processo che ha notevoli somiglianze con la secessione nella misura in cui segna il ritiro del Regno Unito dal diritto comunitario dell’UE.

Lo schema generale discusso in questo articolo è anche in grado di offrire una chiave interpretativa per le vicende recenti del decentramento regionale in Italia. Come è noto la riforma costituzionale del 2001 ha riconosciuto alle regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta la possibilità di vedersi attribuire “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” nell’ambito di un ampio insieme di materie. Questa prospettiva contrattualistica, potenzialmente riconosciuta a qualsiasi regione ordinaria, è stata di fatto attivata soltanto dalle tre regioni economicamente più forti del paese (con uno stacco netto rispetto all’esperienza delle regioni a statuto speciali che al momento della loro costituzione erano aree periferiche, caratterizzate da economie deboli e specificità linguistiche-culturali). Per le tre regioni richiedenti il nostro modello interpretativo prevede una forte spinta verso la secessione che tuttavia può essere frenata efficacemente, con un guadagno netto per l’intera collettività nazionale, se venissero riconosciute loro forme di autonomia rafforzata mantenendo tuttavia il loro pieno coinvolgimento nella perequazione interregionale richiesta dalla Costituzione.

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