The Concentration of Personal Wealth in Italy 1995–2016

Acciari P., Alvaredo F., Morelli S., 2024 Journal of the European Economic Association

Negli ultimi decenni, la concentrazione del reddito e della ricchezza è aumentata in molte economie avanzate, accendendo le preoccupazioni per la coesione sociale, la mobilità intergenerazionale e l’efficacia delle politiche redistributive. Comprendere dimensioni, cause e conseguenze della concentrazione della ricchezza in un contesto di crescenti disuguaglianze è diventato un tema sempre più centrale tanto nella ricerca accademica quanto nel dibattito politico.

In un recente studio, “The Concentration of Personal Wealth in Italy 1995–2016”,  pubblicata sul Journal of the European Economic Association, Paolo Acciari, Facundo Alvaredo e Salvatore Morelli utilizzano un nuovo dataset di microdati recentemente raccolto dai registri dell’imposta di successione in Italia, relativi al periodo tra il 1995 e il 2016, per ampliare i periodi di osservazione sulla distribuzione della ricchezza. L’utilizzo dei dati sull’imposta di successione consente di  di ottenere una migliore rappresentatività anche delle fasce di ricchezza più elevate, nonostante queste abbiano una maggior capacità di eludere ed evadere le imposte. Tali dati, inoltre, includono fino al 63% delle persone decedute in un periodo di sostanziale turbolenza economica e di riforme strutturali per l’economia nazionale.

Le stime indicano che la quota di ricchezza detenuta dall’1% più ricco (mezzo milione di individui) è aumentata dal 16% del 1995 al 22% del 2016; la quota spettante allo 0,01% più ricco (i 5.000 adulti più abbienti) è quasi triplicata, passando dall’1,8% al 5%. La Figura 1 mostra una netta inversione di traiettoria a partire dal 1995. Lo 0,1% più ricco ha visto raddoppiare la propria ricchezza netta media reale (da 7,6 a 15,8 milioni di euro ai prezzi del 2016), facendo raddoppiare la propria quota dal 5,5% al 9,3%. Al contrario, il 50% più povero nel 1995 deteneva l’11,7% della ricchezza totale e recentemente solo il 3,5%; ciò corrisponde a un calo dell’80% della ricchezza netta media (da 27.000 euro a 7.000 euro ai prezzi del 2016). Nel 1995, la quota detenuta dal gruppo del 40% medio-alto era molto simile a quella del 10% più ricco, ma è diminuita nel tempo di quasi 5 punti percentuali.

Figura 1: L’inversione di traiettoria tra il 1995 e il 2016

Il quadro appare piuttosto diverso se si considerano stime analoghe ma ricavate dai dati delle indagini sulle famiglie (SHIW). Come rivela la Figura 2, la quota di ricchezza detenuta dall’1% più ricco è rimasta pressoché invariata tra il 1995 e il 2016, attestandosi intorno al 14%. Questo è vero anche quando i calcoli basati sulle indagini riflettono la stessa unità di osservazione e l’analoga definizione di ricchezza utilizzata nei dati fiscali.

Figura 2 Quota dell’1% più ricco: Confronto dei risultati con i dati dell’indagine sulle famiglie

I dati sono stati rettificati in vari modi: (i) i valori catastali degli immobili sono stati allineati ai prezzi di mercato; (ii) la distribuzione delle persone decedute è stata rimodellata in una distribuzione della ricchezza delle persone viventi identificate, applicando il metodo del moltiplicatore di mortalità (ossia moltiplicando il numero di deceduti e la loro ricchezza per l’inverso del tasso di mortalità); (iii) si è tenuto conto della ricchezza della popolazione non identificata nei dati fiscali;  (iv) si sono rese necessarie imputazioni per tenere conto dei beni esenti da imposte, delle differenze di valutazione e dell’evasione fiscale. L’approccio di riferimento adottato nello studio è quello di distribuire l’intero conto patrimoniale del settore delle famiglie dai conti nazionali.

Un ulteriore obiettivo del lavoro è fare luce sulle determinanti della disuguaglianza della ricchezza. In questo ambito si sono ottenuti i seguenti risultati. Primo, le stime suggeriscono che i fattori legati all’età e al ciclo di vita non spiegano l’attuale livello di concentrazione della ricchezza.

Secondo, l’eterogeneità dei portafogli nella distribuzione influenza la dinamica della concentrazione della ricchezza (Figura 3). Mentre la ricchezza immobiliare svolge un ruolo significativo per il gruppo del 40% medio-alto, l’accumulo di ricchezza nella fascia elevata è determinato principalmente da attività finanziarie e commerciali. Inoltre, le variazioni di valuta e depositi, insieme ai crescenti livelli di indebitamento, contribuiscono in modo significativo alla dinamica della ricchezza netta del 50% più povero.

Terzo, le variazioni del risparmio totale (definito come la somma delle variazioni dirette del volume dell’indebitamento, dei depositi e degli oggetti di valore e di qualsiasi variazione residua del valore degli asset che non è rappresentata dalle variazioni dei prezzi degli asset) rappresentano una parte molto ampia della crescita della ricchezza netta, sia nella popolazione complessiva che nel decile superiore. È interessante notare che ciò si sia verificato nonostante la tendenza alla diminuzione della capacità di risparmio delle famiglie negli ultimi decenni.

Figura 3: Decomposizione della crescita della ricchezza netta attraverso la distribuzione della ricchezza

Quarto, l’analisi della distribuzione congiunta di reddito e ricchezza rivela che la probabilità che i percettori di reddito da lavoro appartenenti al top 1% e al top 0,1% salgano al top 1% della distribuzione della ricchezza è raddoppiata tra il 2001 e il 2014. Sebbene le variazioni dei prezzi delle attività non siano la forza predominante dietro l’aumento della concentrazione della ricchezza, vale la pena notare alcuni risultati interessanti. Innanzitutto, la variazione della ricchezza registrata tra il 1995 e il 2016 in tutta la distribuzione può essere attribuita in minima parte alle variazioni dei prezzi delle case. Al contrario, le variazioni dei prezzi delle azioni rappresentano un’ampia quota della crescita della ricchezza al di sopra del 99° percentile e sono praticamente irrilevanti nella parte centrale e inferiore della distribuzione (ad eccezione del sottoperiodo 1995-2008).

Infine, si forniscono nuove evidenze sul ruolo crescente delle eredità e delle donazioni inter vivos come quota del reddito nazionale, nonché sulla loro crescente concentrazione ai vertici. In relazione a queste tendenze, stimiamo che chi eredita grandi patrimoni sia stato soggetto ad un onere fiscale complessivamente decrescente negli ultimi 20 anni. Da un lato, rispetto alla metà degli anni ’90, oggi è soggetta a tassazione una percentuale inferiore di eredità generate da grandi lasciti. D’altro canto, anche l’onere fiscale medio dei grandi lasciti si è ridotto sostanzialmente nello stesso periodo di tempo, compromettendo la progressività dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni. Questi cambiamenti nei modelli di trasferimento della ricchezza e il loro impatto sulle dinamiche di concentrazione della ricchezza a lungo termine sono stati finora trascurati negli studi empirici.

In sintesi, i principali risultati di questo studio suggeriscono un sostanziale aumento della concentrazione della ricchezza e delle diseguaglianze patrimoniali, nonché un drastico calo delle quote di ricchezza detenute dalle fasce più basse della popolazione adulta.

Le crescenti disparità di ricchezza in questo scenario appaiono preoccupanti per diversi motivi. In primo luogo, l’aumento delle diseguaglianze di ricchezza può essere associato ad una crescente vulnerabilità e insicurezza finanziaria per un vasto numero di individui adulti che dispongono di risorse finanziarie private limitate per fronteggiare le circostanze avverse. In secondo luogo, le crescenti diseguaglianze nel possesso della ricchezza possono avere effetti corrosivi sull’uguaglianza delle opportunità quando si trasformano in disparità persistenti tra le generazioni.

In molti hanno proposto politiche per frenare le crescenti diseguaglianze estreme, tra cui nuove imposte sulla ricchezza personale. Tuttavia, nonostante il crescente interesse da parte della politica, le conoscenze sulla distribuzione della ricchezza sono attualmente limitate. Rimane fondamentale investire in statistiche ufficiali per misurare il possesso diretto e indiretto di ricchezza e per fare ulteriore luce sulle principali determinanti delle grandi fortune e della concentrazione di ricchezza.